" Leggere, come io lo intendo, vuol dire profondamente pensare"
Vittorio Alfieri
Appena laureata ho lavorato per qualche mese come tutor in un centro studi per recupero anni scolastici. E' stata un'esperienza molto forte da un punto di vista umano e altamente formativa per la mia personalità. Mi sono trovata catapultata in una realtà che ho avvertito subito come molto triste: incontravo per diverse mattine a settimana ragazzi e ragazze il cui unico scopo era fare contenti i genitori che spendevano una barca di soldi per il famoso pezzo di carta. Va da sé che la mancanza di partecipazione era pressoché totale, tanto più che io arrivavo quasi in chiusura di anno scolastico e che quindi avevo l'unico compito di aiutarli a preparare le tesine, dalla scelta dell'argomento alla correzione, fino ad arrivare alle discussioni e simulazioni d'esame.
Dopo poche settimane ho capito che a loro non interessava neanche fare quello perché, c'era qualcuno che veniva pagato anche per preparare le tesine e che quindi in quelle aule il mio ruolo era poco diverso da quello di un soprammobile.
Lì per lì mi prese lo sconforto, mi sentivo inutile, una povera ingenua! Poi una illuminazione. Telefonai a mia madre e la ringraziai per avermi, insieme a mio padre, sempre spronato a studiare perché finalmente avevo capito che il fine dello studio non era semplicemente il voto, ma il raggiungimento della capacità di pensare, di avere un' idea propria ed essere capace di esprimerla. Lo studio come la lettura erano state e sempre saranno un'opportunità di libertà.
Con quella consapevolezza finalmente acquisita iniziai a recarmi al centro senza libri di testo ma con un quotidiano e con i pochi ragazzi che avevano voglia di seguirmi iniziai a leggere qualche notizia e a lasciarli parlare, commentare, raccontare di sé.
Una delle ultime mattine uno di loro mi disse: " Mi piace quando ci siete voi perché ci fate parlare di cose reali e di noi, qui non lo fa nessuno". Io sottolineai che essendo arrivata a giochi già fatti non avevo potuto aiutarli molto ma una cosa tenevo a far loro comprendere: studiare li avrebbe resi persone libere perché la conoscenza gli avrebbe dato la possibilità di pensare da soli.
Non li ho visti più e non so adesso dove siano né cosa stiano facendo delle loro vite, ma in cuor mio spero portino sempre con sé il ricordo di quelle ore di lettura giornali e lunghe chiacchierate.